Post di Ombromanto in ordine cronologico
Chiacchiera
20 Ottobre - 3.797 visualizzazioni Che spettacolo
Chiacchiera
19 Ottobre - 2.727 visualizzazioni Durante le riprese di Schindler's List (1993), Steven Spielberg portava dentro di sé un dolore che pochi potevano comprendere. Ogni giorno, sul set di Cracovia, circondato dai fantasmi dell'Olocausto, osservava il suo cast ricreare l'ora più buia dell'umanità — madri strappate ai figli, fumo che si alzava dai camini, la speranza che tremava in bianco e nero.
Quando le telecamere si spegnevano, il silenzio lo seguiva fino a casa. “Mi sentivo come se vivessi dentro la tragedia,” disse una volta Spielberg. “La linea tra passato e presente cominciava a confondersi.”
Ed è lì che il telefono squillava.
“Helloooooo! This is your daily dose of insanity!” [Ciaoooo! Ecco la tua dose quotidiana di follia!] risuonava la voce inconfondibile di Robin Williams, che irrompeva nell'oscurità come un raggio di sole attraverso le nuvole.
Robin non chiedeva mai come stesse Spielberg — lo sapeva già. Invece, affrontava il buio con la risata. A volte improvvisava un pezzo comico su dei pinguini che gestivano una salumeria in Polonia. Altre volte, erano una dozzina di voci assurde che litigavano su chi dovesse fare da assistente a Spielberg.
“Robin aveva un radar per la tristezza,” raccontò Spielberg in seguito. “Sentiva quando stavo scivolando troppo in profondità. E allora — compariva dal nulla, portando con sé la gioia.”
Le chiamate non erano mai pianificate. Arrivavano a ore strane — mezzanotte, all'alba, o tra una sessione di montaggio e l'altra — come se il cuore di Robin sapesse esattamente quando il suo amico aveva bisogno di ridere di nuovo. Spielberg iniziava la chiamata in silenzio, con le spalle pesanti, e finiva a ridere così forte da non riuscire a respirare.
“A volte,” ricordava, “piangevo dal ridere. Ed era quello il punto — ricordare che potevo ancora provare qualcosa che non fosse dolore.”
Per dieci minuti, Spielberg scoppiò a ridere fino alle lacrime, finché quelle lacrime non furono più di dolore. “Robin,” gli disse alla fine, “non hai idea di quello che hai appena fatto per me.”
“Oh, penso di sì,” rispose dolcemente Robin. “Anche Dio ha bisogno di una risata, dopo aver guardato il mondo troppo a lungo.”
La mattina dopo, Spielberg tornò sul set più leggero — non perché il mondo fosse cambiato, ma perché il suo amico gli aveva ricordato che in esso c'era ancora calore.
Anni dopo, Spielberg avrebbe detto: “Le chiamate di Robin non erano intrattenimento — erano missioni di salvataggio. Tendeva la mano nel buio e mi tirava fuori, ogni singola volta.”
La loro amicizia divenne una lezione silenziosa di compassione — che a volte, l'amore non arriva sotto forma di grandi discorsi o promesse solenni. A volte, arriva come una voce dall'altra parte del telefono che dice:
“Hey, amico… troviamo un po' di luce stasera.”
E per Steven Spielberg, quei momenti furono la prova di qualcosa di profondo: che la risata, offerta con amore, può essere una ancora di salvezza — anche nell'ombra della storia.Leggi tutto...
Chiacchiera
18 Ottobre - 3.244 visualizzazioni In Cina arriva nuovo giro di vite sugli influencer “esperti”.
Per parlare online di medicina, diritto, finanza, educazione e salute serviranno qualifiche ufficiali (tipo laurea o licenze professionali).
Pechino aveva già stretto nel 2022 sulle live con contenuti “professionali” e ora i regolatori ribadiscono/estendono l'obbligo di certificazioni per chi tratta temi sensibili. Le multe saranno salate.
Obiettivo dichiarato: tagliare disinformazione, alzare l'asticella della competenza.
Pensa che figo se succedesse anche in Italia!
Significherebbe meno “pareri a caso”, più responsabilità e soprattutto un certo controllo su quello che altrimenti diventa un far west.
Vaccata
17 Ottobre - 3.603 visualizzazioni
Bestiaccia
16 Ottobre - 4.072 visualizzazioni Degli scienziati russi hanno studiato i cani randagi di Mosca
e la loro evoluzione dopo la caduta del comunismo.
Questi animali hanno mostrato una capacità di adattamento all'ambiente e alle nuove circostanze che a volte supera perfino quella degli esseri umani.
Una delle abilità più sorprendenti che hanno sviluppato è la loro abitudine di prendere la metropolitana la mattina per andare nel centro di Mosca e poi riprenderla la sera per tornare “a casa”.
Nel centro città è facile trovare cibo, ma dormire comodamente è difficile .
Sanno esattamente dove e quando salire , scegliendo spesso i vagoni meno affollati (il primo o l'ultimo), cosa che, secondo Eugene Linden, richiede un vero ragionamento consapevole.
Sono anche in grado di non perdere la loro fermata grazie a un eccezionale senso del tempo, al riconoscimento dei nomi, dei suoni o degli odori delle stazioni… o forse a una combinazione di tutti questi elementi.
E se hanno diversi stop da fare, si siedono perfino su un posto libero per fare un piccolo pisolino … proprio come dei veri cittadini esperti!
Una volta in centro, attraversano la strada solo con il verde.
Anche se non vedono i colori, riconoscono le forme e i segnali luminosi.
Chiacchiera
14 Ottobre - 3.084 visualizzazioni
Chiacchiera
11 Ottobre - 3.469 visualizzazioni Avevo dodici anni quando la mia infanzia si spezzò in silenzio.
Mio padre perse il lavoro. E la nostra casa, che un tempo profumava di dolci appena sfornati e risate leggere, diventò un luogo muto, pieno di porte chiuse, sguardi abbassati e silenzi che facevano rumore.
Ascoltavo i miei genitori parlare sottovoce dietro una parete sottile. Vedevo le bollette impilate in ordine disperato. E il volto di mia madre, stanco, che provava a sorridere… ma non ci riusciva più.
A scuola, il peso diventava invisibile ma insopportabile.
Quando i miei compagni tiravano fuori i loro panini, le merendine, i succhi, io restavo lì con la mia bottiglietta d'acqua.
Fingevo di non avere fame.
Fingevo che il mio stomaco non urlasse.
Fingevo, perché pensavo che se non dicevo niente, nessuno se ne sarebbe accorto.
Poi, un giorno, accadde qualcosa.
Apro lo zaino. E dentro c'è un pezzo di torta, avvolto in un tovagliolo.
Mi guardo attorno. Nessuno mi guarda. Lo mangio in fretta, come se fosse un sogno.
Il giorno dopo, una mela. Poi un panino.
Ogni giorno, un piccolo dono muto. Nessun biglietto, nessuna firma. Solo una presenza invisibile che mi sussurrava: “Non sei sola.”
Passarono i mesi.
Un giorno, la mia compagna Joy mi invitò a casa sua.
Esitai.
Mi vergognavo delle scarpe consumate, del cappotto sformato, della povertà cucita addosso.
Ma il suo sorriso era così autentico che accettai.
Quando entrai in casa sua, mi avvolse un calore che non sentivo da tempo.
Dalla cucina arrivava il profumo del pane.
La tavola era apparecchiata. Si rideva.
E poi, la vidi.
La madre di Joy appoggiò una torta in tavola.
Era la stessa. La stessa che trovavo nello zaino.
Il cuore mi si strinse.
— È stata lei… — sussurrai, trattenendo le lacrime.
Lei mi guardò, con occhi pieni di tenerezza.
— Joy mi ha detto che a volte restavi senza pranzo. Non potevo lasciarti così, tesoro.
E lì, mentre le lacrime scendevano senza che potessi fermarle, capii che per tutto quel tempo… qualcuno mi aveva tenuto per mano senza dire una parola.
Quella cena non fu solo cibo.
Fu dignità. Fu amore. Fu speranza.
Mi ha insegnato che la bontà vera è silenziosa. Che non ha bisogno di applausi. Che si infila negli angoli più bui e li accende, senza chiedere nulla in cambio.
Da allora, cerco anch'io di lasciare “una torta nello zaino” di qualcuno.
Perché a volte basta questo: un piccolo gesto, un tocco invisibile, per dire a qualcuno che il mondo non ha smesso di essere gentile.Leggi tutto...
Chiacchiera
10 Ottobre - 3.276 visualizzazioni La polizia svedese ha un gigantesco problema
Ha 2600 barattoli di Nutella da eliminare
Non sa come fare, prigioniera del classico comma 22
Il vetro deve andare nel vetro, ma deve essere vuoto e pulito
E l'alimento deve andare nell'umido
Qualche idea?
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Fatte un mucchio di fotografie.
Adesso vivo da 30 anni in Costa Rica e di quelle foto non ne ho più una.