Chiacchiera
29 Aprile - 3.344 visualizzazioni
Piazzale Loreto, ottant'anni fa oggi, il corpo di Benito Mussolini venne esposto.
È un atto tragico e che a noi, per umana sensibilità, sembra oggettivamente eccessivo e negli effetti, non programmati, lo fu.
A testa in giù, il dittatore ci finì sostanzialmente per caso, fu addirittura un atto pietoso per sottrarre le spoglie del dittatore dall'insulto della folla.
Perché la gente andò in piazza a vedere il corpo del dittatore ucciso e perché ostentatamente sputò e altro scempio fece su quei corpi? Di motivazioni per farlo tanti ne avevan tantissime e tanti tantissime personali ed insondabili.
C'erano quelli cui il fascismo aveva ammazzato figli, amori, parenti, c'erano poi, ovviamente, quelli che avevano bisogno di dimostrare un antifascismo tardivo, opportunisticamente insondabile fino a che Mussolini era il Duce.
Come mai Benito Mussolini, o meglio il suo corpo, era finito in piazzale Loreto? È storia nota: lì, proprio in quel luogo, la città di Milano, la Milano resistente, era stata insultata con il massacro dei quindici martiri del 10 agosto del 1944.
Quindici partigiani fucilati dai militi fascisti del gruppo Oberdan della legione “Ettore Muti”, comandati dal capitano Pasquale Cardella, burattino del capitano delle SS Theodor Stevecke.
Quindici partigiani i cui cadaveri scomposti, a scopo intimidatorio, furono lasciati, sin dalle 6 del mattino, esposti sotto il sole della calda giornata estiva, coperti di mosche, fino alle ore 20 circa.
I corpi, sorvegliati dai boia fascisti che impedirono anche ai parenti di rendere omaggio ai defunti, furono pubblicamente vilipesi e oltraggiati in tutti i modi dai fascisti e dalle ausiliarie della Repubblica Sociale Italiana.
La legge del taglione è sempre uno schifo: ma a cadaveri esposti risposero con il cadavere esposto di chi lo scempio dell'agosto del '44 aveva permesso, a chi gli orrori nazifascisti aveva ordito.
Non una gran storia, ma non sempre la storia lo è, in ogni sua parte, grande. Anche in questa occasione il danno più rilevante probabilmente lo pagò la narrazione di quel che accadde, la collettiva nostra memoria di quell'allora.
Noi, infatti, ricordiamo il Duce appeso e non ricordiamo il vero evento, il suo arresto mentre vigliaccamente fuggiva e la sua esecuzione che avvenne per decisione del Comitato insurrezionale formato da Sandro Pertini, Leo Valiani, Emilio Sereni e Luigi Longo, i quali davano seguito al Decreto sui poteri giurisdizionali del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia.
Decreto che all'articolo 5 dettava: «i membri del governo fascista e i gerarchi fascisti colpevoli di aver contribuito alla soppressione delle garanzie costituzionali, d'aver distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti del paese e di averlo condotto all'attuale catastrofe, sono puniti con la pena di morte e, nei casi meno gravi con l'ergastolo».
Questa “sentenza” figlia del 25 aprile, faceva seguito a quanto deciso meno di una settimana prima in un ultimatum che così recitava: «Sia ben chiaro per tutti che chi non si arrende sarà sterminato».
E Benito Mussolini che invece che arrendersi ai partigiani, tentò la fuga nell'idea potenziale di salvarsi e di salvare il fascismo: fuggiasco fu, come sancito e a lui promesso pochi giorni prima nell'Arcivescovado di Milano, passato per le armi.
Questo non permise il suo processo, che probabilmente non lo avrebbe salvato dalla pena capitale, ma sicuramente avrebbe evitato che qualcuno oggi avesse l'ardire di affermare: «però ha fatto cose buone».
Avrebbe evitato che qualcuno, che oggi ricopre i più alti scranni della Repubblica Italiana, avesse l'ardire di non dirsi “antifascista”… peggio ancora: di antifascista non essere.
È un atto tragico e che a noi, per umana sensibilità, sembra oggettivamente eccessivo e negli effetti, non programmati, lo fu.
A testa in giù, il dittatore ci finì sostanzialmente per caso, fu addirittura un atto pietoso per sottrarre le spoglie del dittatore dall'insulto della folla.
Perché la gente andò in piazza a vedere il corpo del dittatore ucciso e perché ostentatamente sputò e altro scempio fece su quei corpi? Di motivazioni per farlo tanti ne avevan tantissime e tanti tantissime personali ed insondabili.
C'erano quelli cui il fascismo aveva ammazzato figli, amori, parenti, c'erano poi, ovviamente, quelli che avevano bisogno di dimostrare un antifascismo tardivo, opportunisticamente insondabile fino a che Mussolini era il Duce.
Come mai Benito Mussolini, o meglio il suo corpo, era finito in piazzale Loreto? È storia nota: lì, proprio in quel luogo, la città di Milano, la Milano resistente, era stata insultata con il massacro dei quindici martiri del 10 agosto del 1944.
Quindici partigiani fucilati dai militi fascisti del gruppo Oberdan della legione “Ettore Muti”, comandati dal capitano Pasquale Cardella, burattino del capitano delle SS Theodor Stevecke.
Quindici partigiani i cui cadaveri scomposti, a scopo intimidatorio, furono lasciati, sin dalle 6 del mattino, esposti sotto il sole della calda giornata estiva, coperti di mosche, fino alle ore 20 circa.
I corpi, sorvegliati dai boia fascisti che impedirono anche ai parenti di rendere omaggio ai defunti, furono pubblicamente vilipesi e oltraggiati in tutti i modi dai fascisti e dalle ausiliarie della Repubblica Sociale Italiana.
La legge del taglione è sempre uno schifo: ma a cadaveri esposti risposero con il cadavere esposto di chi lo scempio dell'agosto del '44 aveva permesso, a chi gli orrori nazifascisti aveva ordito.
Non una gran storia, ma non sempre la storia lo è, in ogni sua parte, grande. Anche in questa occasione il danno più rilevante probabilmente lo pagò la narrazione di quel che accadde, la collettiva nostra memoria di quell'allora.
Noi, infatti, ricordiamo il Duce appeso e non ricordiamo il vero evento, il suo arresto mentre vigliaccamente fuggiva e la sua esecuzione che avvenne per decisione del Comitato insurrezionale formato da Sandro Pertini, Leo Valiani, Emilio Sereni e Luigi Longo, i quali davano seguito al Decreto sui poteri giurisdizionali del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia.
Decreto che all'articolo 5 dettava: «i membri del governo fascista e i gerarchi fascisti colpevoli di aver contribuito alla soppressione delle garanzie costituzionali, d'aver distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti del paese e di averlo condotto all'attuale catastrofe, sono puniti con la pena di morte e, nei casi meno gravi con l'ergastolo».
Questa “sentenza” figlia del 25 aprile, faceva seguito a quanto deciso meno di una settimana prima in un ultimatum che così recitava: «Sia ben chiaro per tutti che chi non si arrende sarà sterminato».
E Benito Mussolini che invece che arrendersi ai partigiani, tentò la fuga nell'idea potenziale di salvarsi e di salvare il fascismo: fuggiasco fu, come sancito e a lui promesso pochi giorni prima nell'Arcivescovado di Milano, passato per le armi.
Questo non permise il suo processo, che probabilmente non lo avrebbe salvato dalla pena capitale, ma sicuramente avrebbe evitato che qualcuno oggi avesse l'ardire di affermare: «però ha fatto cose buone».
Avrebbe evitato che qualcuno, che oggi ricopre i più alti scranni della Repubblica Italiana, avesse l'ardire di non dirsi “antifascista”… peggio ancora: di antifascista non essere.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Masaniello