Satira
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carlettonelivello 14
18 Aprile - 4.747 visualizzazioni
Spero che ormai abbiate capito che il richiamo ideologico di Trump su Meloni è fortissimo.
Non è solo una questione di affinità politica: Trump rappresenta esattamente quello che Meloni sogna di essere, ma che, per ora, non può permettersi di diventare.
Trump ha potere, soldi, una macchina propagandistica fuori scala e soprattutto nessun contrappeso: non ha l'Europa, non ha vincoli di coalizione, non ha bisogno di moderare i toni per tenere insieme la maggioranza.
Fa e disfa. Punisce e premia. Divide e comanda.
È il modello del leader forte, dell'uomo solo al comando che Meloni ammira profondamente.
Lei invece è stretta tra Bruxelles, le pressioni internazionali, i vincoli economici, i mal di pancia nella sua stessa maggioranza. Deve usare un linguaggio più “istituzionale”, mediare, frenare, rimandare.
Ma quel modello trumpiano – muscolare, aggressivo, identitario – è il suo orizzonte ideale.
Lo si vede nei temi che cavalca: lotta all'immigrazione, guerra alla cultura “woke”, difesa della famiglia “tradizionale”, uso politico della paura e del nemico interno.
Andare da Trump non è stato solo un atto diplomatico. È stata una dichiarazione di fedeltà ideologica, una conferma di quale tipo di mondo Meloni vorrebbe costruire, se solo ne avesse la forza, il contesto e il potere
per farlo.
Ecco perché la visita è stata così generosa in concessioni e così povera in risultati: non era un incontro tra due Stati. Era un omaggio politico a un modello.
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Vaccata