Solo per NERD
16 Agosto 2023 - 3.297 visualizzazioni
“Quando si parla di Ennio De Giorgi balzano subito in mente due parole: scienziato e maestro"
Ennio De Giorgi è stato uno dei maggiori, e più creativi, matematici del XX secolo, docente alla Scuola Normale Superiore di Pisa e vincitore, tra i tanti riconoscimenti ricevuti, del Premio Caccioppoli (1960) assegnato dall'Unione Matematica Italiana, e del Premio Wolf (1990) “per le sue idee innovative e i suoi risultati fondamentali nel campo delle equazioni alle derivate parziali e del calcolo delle variazioni”.
Nato a Lecce l'8 febbraio del 1928, mostrò eccezionali doti nelle materie scientifiche, anche se i suoi interessi iniziali non erano rivolti alla matematica.
“Da bambino avevo un certo gusto a risolvere piccoli problemi ma avevo anche una certa passione per gli esperimenti che si potevano dire, se non di fisica, di pre-fisica.”
Decise comunque di iscriversi alla Facoltà di Ingegneria a Roma. In quegli anni, i corsi per matematici, fisici e ingegneri erano in comune e, dopo un solo anno, De Giorgi si accorse che i suoi interessi (e tutto il suo talento) erano rivolti soprattutto alla matematica e optò per il cambio di Facoltà, ritrovandosi a studiare con Mauro Picone. Picone fu una figura che influenzò molto la crescita di De Giorgi:
“Ricordo che quando ero ancora studente disse «Guardate che quando si parla di problemi scientifici potete benissimo dire che io sbaglio, perché siamo alla pari di fronte alla scienza». Era estremamente liberale nel dialogo scientifico, pure nel pieno rispetto della disciplina e degli ordini accademici dell'epoca. È stata forse una delle ragioni che hanno fatto di Picone un grande maestro […] tutti erano stati attratti da questa diponibilità di Picone e dal suo interesse per tutti i problemi, sia per quelli che lui personalmente aveva studiato e risolto, sia per quelli che invece interessavano qualcuna delle persone che venivano a parlare con lui”.
Si laureò nel 1950 proprio con Picone e l'anno successivo divenne suo assistente all'Istituto Castelnuovo di Roma. In quegli anni De Giorgi sfruttò alcune idee avanzate dal matematico napoletano Renato Caccioppoli e il lavoro sfocerà in quella che oggi è conosciuta come la Teoria dei Perimetri di Caccioppoli-De Giorgi.
Nell'inverno del 1953 Caccioppoli, “la più luminosa stella della matematica italiana dell'epoca”, davanti a una platea gremita di colleghi che lo guardavano attoniti stava tenendo una lezione di una seria di seminari sulla teoria della misura, una branca che lo stesso De Giorgi stava studiando. Quel giorno la sala A del seminterrato dell'Istituto di Matematica era piena. Caccioppoli, magrissimo e col volto spettrale, era sul podio e tutti tacevano. Le sue argomentazioni non erano facili da seguire:
“Passava da un'idea all'altra con grande velocità, apparentemente con grossi vuoti logici che gli ascoltatori dovevano colmare da soli (ma il suo ragionamento era sempre corretto. Solo i più informati potevano seguirlo e nessuno osava contraddirlo.” Ricorda Fernando Bertolini.
Caccioppoli era molto temuto durante i convegni perché credeva che non erano in molti quelli capaci di paragonarsi al suo intelletto e di solito gli piaceva sottolinearlo. Così anche quel seminario sembrò finire tra il silenzio del pubblico ma una voce, quella del giovane De Giorgi, si elevò. Caccioppoli era un tipo poco incline alla pazienza ma questa volta ascoltò il giovane collega e disse: “Non c'è nulla di più barbaro di uno spirito puro ma sembra che Lei sia un'eccezione.”
Nel 1955 si rese ancora protagonista nel palcoscenico matematico per aver pubblicato un importante esempio di soluzione nulla di un'equazione alle derivate parziali nell'ambito dei cosiddetti Problemi di Cauchy. Nel dettaglio, in poche pagine, costruisce una particolare equazione alle derivate parziali in cui i coefficienti soddisfano determinate condizioni di regolarità, che ammette soluzione regolare non banale e identicamente nulla. Sempre nello stesso anno pubblica la prima di una serie di quattro note totali, che culmineranno con la pubblicazione dell'articolo “Sulla differenziabilità e l'analiticità delle estremali degli integrali multipli regolari” (1957) e che portò De Giorgi a dimostrare il XIX Problema di Hilbert, rendendolo di conseguenza famoso a livello internazionale.
Un anno dopo, il matematico statunitense John Nash con il suo articolo “Continuity of solutions of parabolic and elliptic differential equations” (1958) arrivò a dimostrare lo stesso Problema ma con metodi completamente differenti. Lo stesso De Giorgi ricorderà:
“Io e Nash eravamo arrivati a dimostrare lo stesso teorema, o meglio due teoremi molto vicini; dal teorema di Nash si deduce quasi immediatamente il mio teorema, seguendo delle idee dimostrative completamente diverse. Quindi anche dalle mie esperienze vedo più la scoperta del teorema che effettivamente può essere fatta da diverse persone come se il teorema stesse là, aspettasse qualcuno che lo scoprisse, mentre credo alla invenzione delle dimostrazioni che possono variare moltissimo a seconda del matematico che le trova.”
Nel 1958 venne nominato professore di Analisi Matematica all'Università di Messina. Un paio di anni dopo, Alessandro Faedo, che in quegli anni era Rettore dell'Università di Pisa, riuscì ad assicurare seppur con qualche difficoltà una cattedra alla Scuola Normale a De Giorgi. Qui insegnò fino alla fine dei suoi giorni.
L'impegno di De Giorgi non era rivolto solo alla matematica, ma anche verso i diritti civili e umanitari. Nel 1966 accettò con entusiasmo la proposta di Giovanni Prodi di insegnare un mese all'anno in una piccola Università dell'Asmara (Eritrea) gestita da suore italiane, continuando fino al 1973.
Se ne andò nel 1996, ancora nel pieno della sua attività scientifica. Durante la commemorazione tenuta dall'Accademia dei Lincei, il 9 maggio del 1997, in molti intervennero nel suo ricordo. Riportiamo le parole di un altro grande della matematica italiana, Enrico Bombieri:
“Quando si parla di Ennio De Giorgi balzano subito in mente due parole: scienziato e maestro. Ben raramente queste due caratteristiche, il ricercatore e creatore di nuove idee e il paziente maestro circondato dai suoi allievi, si trovano così ben fuse tra loro come sono state in Ennio De Giorgi.
La prima caratteristica si rivela in De Giorgi come una dote innata, completamente spontanea, che al suo primo sbocciare è già completa e affinata. De Giorgi ha un posto assolutamente unico nel campo dell'analisi matematica, e con questo mi riferisco non solo alla matematica italiana ma alla matematica mondiale.
(&hellip😉 In un certo senso, per Ennio le formule erano un ingombro inutile e più di una volta. Discutendo alla lavagna un problema difficile, quando s'infervorava lo vidi scrivere formule errate mentre la descrizione verbale di quanto stesse facendo era chiarissima e perfettamente adeguata alla situazione. Ma questo è il marchio del genio, il poter considerare un puro dettaglio ciò che per l'uomo comune sembra essere assolutamente essenziale. Questo modo di pensare alla matematica era per De Giorgi una seconda natura, una dote innata.
Nonostante questo suo talento, Ennio rimase sempre una persona modesta, mai sfiorata dalla vanità. Se lo studente, il professore, il collega non riusciva a seguire il suo pensiero egli si scusava, come se fosse venuto a mancare ai suoi doveri di maestro, e pazientemente riprendeva il filo del discorso ripartendo da un livello più basso.
(&hellip😉 De Giorgi viveva in maniera semplicissima, tra la sua stanzetta al Collegio e il suo studio alla Scuola Normale. Non aveva automobile, non vestiva in modo ricercato. Ma De Giorgi era ricco, avendo ricevuto il dono della Sapienza, che ha poi condiviso e distribuito a piene mani a tutti i suoi numerosissimi allievi e collaboratori, durante tutta la sua feconda vita.”
Ennio De Giorgi è stato uno dei maggiori, e più creativi, matematici del XX secolo, docente alla Scuola Normale Superiore di Pisa e vincitore, tra i tanti riconoscimenti ricevuti, del Premio Caccioppoli (1960) assegnato dall'Unione Matematica Italiana, e del Premio Wolf (1990) “per le sue idee innovative e i suoi risultati fondamentali nel campo delle equazioni alle derivate parziali e del calcolo delle variazioni”.
Nato a Lecce l'8 febbraio del 1928, mostrò eccezionali doti nelle materie scientifiche, anche se i suoi interessi iniziali non erano rivolti alla matematica.
“Da bambino avevo un certo gusto a risolvere piccoli problemi ma avevo anche una certa passione per gli esperimenti che si potevano dire, se non di fisica, di pre-fisica.”
Decise comunque di iscriversi alla Facoltà di Ingegneria a Roma. In quegli anni, i corsi per matematici, fisici e ingegneri erano in comune e, dopo un solo anno, De Giorgi si accorse che i suoi interessi (e tutto il suo talento) erano rivolti soprattutto alla matematica e optò per il cambio di Facoltà, ritrovandosi a studiare con Mauro Picone. Picone fu una figura che influenzò molto la crescita di De Giorgi:
“Ricordo che quando ero ancora studente disse «Guardate che quando si parla di problemi scientifici potete benissimo dire che io sbaglio, perché siamo alla pari di fronte alla scienza». Era estremamente liberale nel dialogo scientifico, pure nel pieno rispetto della disciplina e degli ordini accademici dell'epoca. È stata forse una delle ragioni che hanno fatto di Picone un grande maestro […] tutti erano stati attratti da questa diponibilità di Picone e dal suo interesse per tutti i problemi, sia per quelli che lui personalmente aveva studiato e risolto, sia per quelli che invece interessavano qualcuna delle persone che venivano a parlare con lui”.
Si laureò nel 1950 proprio con Picone e l'anno successivo divenne suo assistente all'Istituto Castelnuovo di Roma. In quegli anni De Giorgi sfruttò alcune idee avanzate dal matematico napoletano Renato Caccioppoli e il lavoro sfocerà in quella che oggi è conosciuta come la Teoria dei Perimetri di Caccioppoli-De Giorgi.
Nell'inverno del 1953 Caccioppoli, “la più luminosa stella della matematica italiana dell'epoca”, davanti a una platea gremita di colleghi che lo guardavano attoniti stava tenendo una lezione di una seria di seminari sulla teoria della misura, una branca che lo stesso De Giorgi stava studiando. Quel giorno la sala A del seminterrato dell'Istituto di Matematica era piena. Caccioppoli, magrissimo e col volto spettrale, era sul podio e tutti tacevano. Le sue argomentazioni non erano facili da seguire:
“Passava da un'idea all'altra con grande velocità, apparentemente con grossi vuoti logici che gli ascoltatori dovevano colmare da soli (ma il suo ragionamento era sempre corretto. Solo i più informati potevano seguirlo e nessuno osava contraddirlo.” Ricorda Fernando Bertolini.
Caccioppoli era molto temuto durante i convegni perché credeva che non erano in molti quelli capaci di paragonarsi al suo intelletto e di solito gli piaceva sottolinearlo. Così anche quel seminario sembrò finire tra il silenzio del pubblico ma una voce, quella del giovane De Giorgi, si elevò. Caccioppoli era un tipo poco incline alla pazienza ma questa volta ascoltò il giovane collega e disse: “Non c'è nulla di più barbaro di uno spirito puro ma sembra che Lei sia un'eccezione.”
Nel 1955 si rese ancora protagonista nel palcoscenico matematico per aver pubblicato un importante esempio di soluzione nulla di un'equazione alle derivate parziali nell'ambito dei cosiddetti Problemi di Cauchy. Nel dettaglio, in poche pagine, costruisce una particolare equazione alle derivate parziali in cui i coefficienti soddisfano determinate condizioni di regolarità, che ammette soluzione regolare non banale e identicamente nulla. Sempre nello stesso anno pubblica la prima di una serie di quattro note totali, che culmineranno con la pubblicazione dell'articolo “Sulla differenziabilità e l'analiticità delle estremali degli integrali multipli regolari” (1957) e che portò De Giorgi a dimostrare il XIX Problema di Hilbert, rendendolo di conseguenza famoso a livello internazionale.
Un anno dopo, il matematico statunitense John Nash con il suo articolo “Continuity of solutions of parabolic and elliptic differential equations” (1958) arrivò a dimostrare lo stesso Problema ma con metodi completamente differenti. Lo stesso De Giorgi ricorderà:
“Io e Nash eravamo arrivati a dimostrare lo stesso teorema, o meglio due teoremi molto vicini; dal teorema di Nash si deduce quasi immediatamente il mio teorema, seguendo delle idee dimostrative completamente diverse. Quindi anche dalle mie esperienze vedo più la scoperta del teorema che effettivamente può essere fatta da diverse persone come se il teorema stesse là, aspettasse qualcuno che lo scoprisse, mentre credo alla invenzione delle dimostrazioni che possono variare moltissimo a seconda del matematico che le trova.”
Nel 1958 venne nominato professore di Analisi Matematica all'Università di Messina. Un paio di anni dopo, Alessandro Faedo, che in quegli anni era Rettore dell'Università di Pisa, riuscì ad assicurare seppur con qualche difficoltà una cattedra alla Scuola Normale a De Giorgi. Qui insegnò fino alla fine dei suoi giorni.
L'impegno di De Giorgi non era rivolto solo alla matematica, ma anche verso i diritti civili e umanitari. Nel 1966 accettò con entusiasmo la proposta di Giovanni Prodi di insegnare un mese all'anno in una piccola Università dell'Asmara (Eritrea) gestita da suore italiane, continuando fino al 1973.
Se ne andò nel 1996, ancora nel pieno della sua attività scientifica. Durante la commemorazione tenuta dall'Accademia dei Lincei, il 9 maggio del 1997, in molti intervennero nel suo ricordo. Riportiamo le parole di un altro grande della matematica italiana, Enrico Bombieri:
“Quando si parla di Ennio De Giorgi balzano subito in mente due parole: scienziato e maestro. Ben raramente queste due caratteristiche, il ricercatore e creatore di nuove idee e il paziente maestro circondato dai suoi allievi, si trovano così ben fuse tra loro come sono state in Ennio De Giorgi.
La prima caratteristica si rivela in De Giorgi come una dote innata, completamente spontanea, che al suo primo sbocciare è già completa e affinata. De Giorgi ha un posto assolutamente unico nel campo dell'analisi matematica, e con questo mi riferisco non solo alla matematica italiana ma alla matematica mondiale.
(&hellip😉 In un certo senso, per Ennio le formule erano un ingombro inutile e più di una volta. Discutendo alla lavagna un problema difficile, quando s'infervorava lo vidi scrivere formule errate mentre la descrizione verbale di quanto stesse facendo era chiarissima e perfettamente adeguata alla situazione. Ma questo è il marchio del genio, il poter considerare un puro dettaglio ciò che per l'uomo comune sembra essere assolutamente essenziale. Questo modo di pensare alla matematica era per De Giorgi una seconda natura, una dote innata.
Nonostante questo suo talento, Ennio rimase sempre una persona modesta, mai sfiorata dalla vanità. Se lo studente, il professore, il collega non riusciva a seguire il suo pensiero egli si scusava, come se fosse venuto a mancare ai suoi doveri di maestro, e pazientemente riprendeva il filo del discorso ripartendo da un livello più basso.
(&hellip😉 De Giorgi viveva in maniera semplicissima, tra la sua stanzetta al Collegio e il suo studio alla Scuola Normale. Non aveva automobile, non vestiva in modo ricercato. Ma De Giorgi era ricco, avendo ricevuto il dono della Sapienza, che ha poi condiviso e distribuito a piene mani a tutti i suoi numerosissimi allievi e collaboratori, durante tutta la sua feconda vita.”
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nonnocucaracha: Buona serata
1
16 Agosto 2023 alle ore 21:10 · Ti stimo · Rispondi

Elsa: nonnocucaracha 👍👍
1
16 Agosto 2023 alle ore 22:29 · Ti stimo · Rispondi