Chiacchiera
17 Gennaio 2023 - 2.821 visualizzazioni
“Gesù di Nazareth è stato il più grande rivoluzionario di tutti i tempi”, usava ripetere Fabrizio De Andrè (Genova, 18 febbraio 1940 – Milano, 11 gennaio 1999) introducendo ai suoi concerti i brani de “La Buona Novella”, album che nel 2020 ha compiuto 50 anni e che il cantautore genovese, ateo e anarchico, ha voluto dedicare interamente alla vicenda di Cristo ispirandosi ai testi dei vangeli apocrifi.
Ma cosa rimane oggi di un'opera che nel 1970 venne tacciata di anacronismo da parte movimento studentesco del ‘68, fu censurata dalla Rai Democristiana e trovò spazio su Radio Vaticana? «Dal punto di vista teologico l'album di De Andrè è ancora attualissimo, perché mette in luce due temi che oggi non sono scontati e che lo erano ancora meno cinquant'anni fa: il ruolo della donna e l'umanità di Gesù». A dirlo è Brunetto Salvarani, teologo e autore assieme a Odoardo Semellini di “De Andrè. La buona novella”, libro che, tra gli altri, ha il merito di indagare l'origine del disco e i contatti di De Andrè con il mondo cattolico, senza voler in alcun modo “cattolicizzare” l'artista.
Ma cosa rimane oggi di un'opera che nel 1970 venne tacciata di anacronismo da parte movimento studentesco del ‘68, fu censurata dalla Rai Democristiana e trovò spazio su Radio Vaticana? «Dal punto di vista teologico l'album di De Andrè è ancora attualissimo, perché mette in luce due temi che oggi non sono scontati e che lo erano ancora meno cinquant'anni fa: il ruolo della donna e l'umanità di Gesù». A dirlo è Brunetto Salvarani, teologo e autore assieme a Odoardo Semellini di “De Andrè. La buona novella”, libro che, tra gli altri, ha il merito di indagare l'origine del disco e i contatti di De Andrè con il mondo cattolico, senza voler in alcun modo “cattolicizzare” l'artista.
