Chiacchiera
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carlettonelivello 13
5 Agosto 2022 - 5.577 visualizzazioni
Quasi ogni domenica, nel box Ferrari, ammiriamo un Elkann che rappresenta alla perfezione il tifoso Ferrari.

Entusiasta e sorridente a volte, altre emozionato, altre ancora deluso ed arrabbiato.

Un saliscendi di sentimenti caratterizzati da una passione smisurata, che unisce sotto le insegne del Cavallino Rampante milioni di tifosi.

Sarebbe lecito aspettarsi che il soggetto di questo incipit porti il nome di John, il presidente della Scuderia di Maranello.

Invece no: quello è infatti Lapo, uomo dal cuore enorme (ho avuto la fortuna di lavorare con lui e posso per questo garantirvelo) e dalla dedizione straordinaria.

Non sono qui per promuovere la sua personalità, tantomeno per scrivere che sarebbe lui il presidente giusto per la Rossa. Perché sappiamo tutti, lui compreso, che questo non sarebbe né vero né possibile.

Quel che sappiamo, tuttavia, è che chi ricopre attualmente quel ruolo, vale a dire il fratello, è totalmente inadeguato.

Sergio Marchionne, suo predecessore, era un uomo che odiava fare brutte figure e che era solito farsi sentire ogni qual volta veniva commesso un grave errore, consapevole che gli errori, se compiuti ripetutamente, coincidono con un danno di immagine per il brand.

John Elkann pare essersene dimenticato, come pare essersi dimenticato che "da grandi poteri derivano grandi responsabilità".

Apatico, inadeguato a ricoprire una carica tanto prestigiosa.

Ma soprattutto, assente e, con tutto il rispetto, incompetente. Dopo la disfatta a Baku del 2019, divenne celebre per i festeggiamenti del "giro veloce". Pensavo fosse acerbo, catapultato in un mondo non suo, e che con il tempo si sarebbe innamorato della Ferrari e della Formula 1.

Era successo a Marchionne, credevo potesse accadere la stessa cosa anche a John. Mi sbagliavo, purtroppo.

Con il tempo le cose sono peggiorate.

Il "presidente" Elkann non si presenta ai Gran Premi, non rilascia dichiarazioni, non esprime alcun pensiero degno di nota, nemmeno in momenti come questi, momenti in cui la Ferrari è sulla bocca di tutti per motivi non certo encomiabili.

La sensazione, è che a John non importi assolutamente nulla dei risultati conseguiti in pista dalle due F1-75. Contano i dividendi, gli utili, il fatturato, la produzione della nuova Purosangue, primo SUV della Casa di Maranello, non i successi nella massima serie che, per Enzo Ferrari, alimentavano e rappresentavano il fuoco della sua passione.

Il suo silenzio assordante fa male a tutti, soprattutto perché accompagnato spesso da quello del CEO Benedetto Vigna, suo "alter ego" in termini di sentimenti provati per il Cavallino Rampante.

Un report di Morgan Stanley recitava, nel Settembre del 2021:

"Un esperto di semiconduttori con una laurea in fisica quantistica dedicata ai quark e centinaia di brevetti a suo nome alla guida della Ferrari? Viviamo davvero tempi eccezionali".

Le corse, come vedete, non fanno parte del DNA del presidente e dell'amministratore delegato di un brand che, nelle corse, affonda le sue radici.

Ma questo è accettabile? No che non lo è.

Ecco perché non mi sento di incolpare oltremodo Mattia Binotto, che si trova in una posizione tale da voltarsi e non trovare nessuno a sostegno.

Ha avuto il merito di riportare la Ferrari al vertice. Ha le sue colpe, pare incapace di fare autocritica, di riconoscere gli errori e di strigliare un team in cui persone come Rueda (altro che ama dileguarsi quando le telecamere e i microfoni incombono), un tempo, avrebbero fatto le valigie anzitempo.

Ma non può essere il capro espiatorio di un fallimento dirigenziale a 360 gradi.

Horner ha Marko al suo fianco, ha Adrian Newey sul fronte tecnico, ha la Schmitz su quello strategico, ha delineato una gerarchia limpida in pista e fuori.

Wolff è effettivamente solo, ma detiene il 33% delle azioni di Mercedes-AMG PETRONAS Formula 1 Team, ha pieni poteri e può permettersi di definire una "cassa di merda" la W13 in mondovisione.

Mattia è un "semplice" team principal affiancato unicamente da Laurent Mekies, il cui ruolo pare ancora oggi di difficile inquadramento sotto il profilo dell'utilità, per non parlare di quello del carisma, ma questa è una mia opinione personale.

Le case si costruiscono dalle fondamenta. Senza queste, crollano, purtroppo.

Possono essere splendide, uniche nel loro genere, ma senza fondamenta non sono destinate a durare.

La stagione 2022 è esemplificativa in questi termini.

Non basta essere competitivi, bisogna tornare ad #essereFerrari, affidando questo glorioso brand a chi ne apprezza la storia e l'importanza, e non a chi se lo è ritrovato in mano per diritto di successione.

-Alessandro Morini Gallarati (fondatore)

Ph. Scuderia Ferrari Press Office ©
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