Chiacchiera
14 Aprile 2022 - 3.224 visualizzazioni
14 Aprile 1970. Te ne stai tranquillo dentro la tua capsula Apollo, a 300.000 km dal tuo pianeta, insieme ai tuoi due compagni di missione. Siete partiti da poco più di due giorni in cima al razzo più potente mai costruito dall'umanità, il Saturn V, e dal finestrino si vede la Luna, vicina come mai, molto più grande della Terra. È la seconda volta per te: dopotutto sei già diventato uno dei primi uomini ad orbitare attorno a questo mondo alieno, con Apollo 8. Stavolta però potrai scendere sulla sua superficie!
Il piano di Apollo 13 è lo stesso delle due missioni che l'hanno preceduta: dopo l'ingresso in orbita attorno alla Luna scenderai con il LEM verso la sua superficie, insieme al suo pilota Fred Haise. A bordo del modulo di comando rimarrà Jack Swigert. Non è proprio quella che si direbbe una routine, però è comunque la terza volta che viene fatto.
Sì è appena conclusa una diretta televisiva e stai mettendo via la telecamera. Da Terra arriva un ordine semplice: accendere per qualche secondo le ventole all'interno del serbatoio dell'ossigeno nel modulo di servizio, per rimescolare il contenuto e ripristinare letture corrette del liquido rimanente. Swigert esegue.
A poi c'è un forte botto. La navicella perde temporaneamente i contatti con il centro di controllo, e il sistema di controllo di assetto si attiva. Swigert pronuncia la frase che passerà alla storia: "Ehm, Houston abbiamo avuto un problema."
Non sai che il cavo della ventola nel serbatoio di ossigeno numero 2 aveva un isolamento in teflon difettoso, che ha causato un cortocircuito e un piccolo incendio. L'aumento di pressione ha causato l'esplosione del serbatoio, sventrando il modulo di servizio. Anche il serbatoio 1 rimane danneggiato e comincia a perdere gas. Questo gas dal finestrino lo vedi, eccome.
I voltaggi delle tre celle di combustibile (che usano idrogeno e ossigeno per produrre energia elettrica e acqua) cadono a zero, e non si riescono a riattivare. Senza celle non c'è produzione di energia. La navicella è circondata da frammenti e briciole che ostacolano la navigazione, e tu che sei il comandante ora navighi a vista usando il Sole e la Luna come riferimento.
La missione è quindi un fallimento, e la priorità è tornare vivi a casa. Il modulo lunare possiede ossigeno ed energia a sufficienza da far sopravvivere tutti e tre il tempo di una veloce fionda attorno alla Luna (senza entrare in orbita) e tornare a Terra con una traiettoria direttissima, con splashdown nell'Oceano Pacifico Meridionale. Il LEM però non ha abbastanza filtri per rimuovere la CO2 dall'aria, che rischia di accumularsi eccessivamente. Il modulo di comando (ora inservibile) ne ha a sufficienza, però sono di forma sbagliata. Da Terra ti comunicano quindi una procedura per poterli usare lo stesso, costruendo un adattatore con pagine di manuali, nastro adesivo e pezzi di plastica. Il LEM purtroppo ha delle batterie normali, argento-zinco, che quindi non producono l'acqua necessaria all'equipaggio.
Senza riscaldamento la capsula è gelida, appena 3 °C. Tu e i tuoi compagni siete infreddoliti, assetati e pigiati nel LEM, in attesa che la meccanica orbitale compia il suo lavoro. Finalmente il 17 aprile, dopo 3 giorni di calvario, tornate sani e salvi sulla Terra. Ad attendervi ci sono persino le navi dell'Unione Sovietica, in uno slancio di collaborazione internazionale in piena guerra fredda. Tutto il mondo ha assistito con il fiato sospeso alle peripezie della missione.
Che storia da raccontare per il capitano Jim Lovell
Lorenzo
Il piano di Apollo 13 è lo stesso delle due missioni che l'hanno preceduta: dopo l'ingresso in orbita attorno alla Luna scenderai con il LEM verso la sua superficie, insieme al suo pilota Fred Haise. A bordo del modulo di comando rimarrà Jack Swigert. Non è proprio quella che si direbbe una routine, però è comunque la terza volta che viene fatto.
Sì è appena conclusa una diretta televisiva e stai mettendo via la telecamera. Da Terra arriva un ordine semplice: accendere per qualche secondo le ventole all'interno del serbatoio dell'ossigeno nel modulo di servizio, per rimescolare il contenuto e ripristinare letture corrette del liquido rimanente. Swigert esegue.
A poi c'è un forte botto. La navicella perde temporaneamente i contatti con il centro di controllo, e il sistema di controllo di assetto si attiva. Swigert pronuncia la frase che passerà alla storia: "Ehm, Houston abbiamo avuto un problema."
Non sai che il cavo della ventola nel serbatoio di ossigeno numero 2 aveva un isolamento in teflon difettoso, che ha causato un cortocircuito e un piccolo incendio. L'aumento di pressione ha causato l'esplosione del serbatoio, sventrando il modulo di servizio. Anche il serbatoio 1 rimane danneggiato e comincia a perdere gas. Questo gas dal finestrino lo vedi, eccome.
I voltaggi delle tre celle di combustibile (che usano idrogeno e ossigeno per produrre energia elettrica e acqua) cadono a zero, e non si riescono a riattivare. Senza celle non c'è produzione di energia. La navicella è circondata da frammenti e briciole che ostacolano la navigazione, e tu che sei il comandante ora navighi a vista usando il Sole e la Luna come riferimento.
La missione è quindi un fallimento, e la priorità è tornare vivi a casa. Il modulo lunare possiede ossigeno ed energia a sufficienza da far sopravvivere tutti e tre il tempo di una veloce fionda attorno alla Luna (senza entrare in orbita) e tornare a Terra con una traiettoria direttissima, con splashdown nell'Oceano Pacifico Meridionale. Il LEM però non ha abbastanza filtri per rimuovere la CO2 dall'aria, che rischia di accumularsi eccessivamente. Il modulo di comando (ora inservibile) ne ha a sufficienza, però sono di forma sbagliata. Da Terra ti comunicano quindi una procedura per poterli usare lo stesso, costruendo un adattatore con pagine di manuali, nastro adesivo e pezzi di plastica. Il LEM purtroppo ha delle batterie normali, argento-zinco, che quindi non producono l'acqua necessaria all'equipaggio.
Senza riscaldamento la capsula è gelida, appena 3 °C. Tu e i tuoi compagni siete infreddoliti, assetati e pigiati nel LEM, in attesa che la meccanica orbitale compia il suo lavoro. Finalmente il 17 aprile, dopo 3 giorni di calvario, tornate sani e salvi sulla Terra. Ad attendervi ci sono persino le navi dell'Unione Sovietica, in uno slancio di collaborazione internazionale in piena guerra fredda. Tutto il mondo ha assistito con il fiato sospeso alle peripezie della missione.
Che storia da raccontare per il capitano Jim Lovell
Lorenzo
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