Vaccata
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pazzasgravata
25 Maggio 2021 - 5.594 visualizzazioni
arsenico e nuovi versetti

Reattivita' fino alla rabbia, corporalita' fino all'esibizionismo, liberta' fino alla bestemmia, diversita' fino all'antipoesia, lotta senza quartiere verso le mosse perbenistiche e autopromozionali dell'io lirico sono gli elementi portanti della poetica praticata da xxxxxxxxx

[…] spinta e' la tentazione di applicare la lente di una lettura psicoanalitica, sollecitata dalla manifestazione di una particolare invidia penis, che altro non e' se non la necessita' di proiettare all'esterno e svuotare il veleno accumulato in corpo, al fine di non farsi l'arsenico addosso. D'altronde, la penna e il pene non solo condividono una vicinanza fonosimbolica ma rappresentano pure due modi per dire la stessa cosa: lo strumento di una presenza creativa nel mondo, un'arma di difesa/offesa per tenere alla larga i fantasmi di una vita che ha procurato pesanti ferite e inguaribili risentimenti.

Ne deriva una scrittura che non vuole e non sa rilassarsi (nonostante l'apparente nonchalance), impegnata com'è a denunciare irridere aggredire mezzo mondo, in termini diretti e volutamente urticanti. Insomma, mentre molta poesia si preoccupa di stendere veli e patine ideali, xxxxxxxxx sceglie una formula che vuole strapparli quei veli, rovesciarle
quelle patine, per mostrare la meschina, persino ridicola, realta' del teatrino umano, da cui non riesce comunque a tirarsi fuori.

[...]non è la voglia di épater a motivare la nostra poetessa ma la sua acuta fame di verita' totale, il suo sogno di liberta' radicale, il suo bisogno di esplorare il lato d'ombra del pianeta umano, "troppo umano", per farne un resoconto senza peli sulla lingua e senza risparmiare a se stessa il medesimo sguardo impietoso, a costo di tradurre il bracciodiferro avverso il superio sociale in una ancor più cogente istanza morale.
Nel complesso, qui si assiste alla sfida che una donna allergica ai compromessi coscienziali ha ingaggiato, tête-à-tête, con il mondo e con se stessa, una sfida cruda, crudele eppure fresca, dolorosa eppure divertente, che colloca questa poesia lungo il minoritario sentiero antipetrarchesco praticato da poeti che potremmo chiamare indignados; quel sentiero che – per intenderci – potrebbe muovere dalla provocazione ignifera di Cecco Angiolieri e, costeggiando la terra abitata dai Villon e dai Bukowski, passa per i quartieri insofferenti di qualche maudit.
Qualità – questa – abbastanza sufficiente per dedicare una buona dose di curiosita' attenzione e apprezzamento agli spruzzi di arsenico che xxxxxxxxx ha riversato sulla pagina sotto forma di versetti.


1)Se la penna invidia il pene

titolo: pisciare controvento dalle dune

nelle notti d'estate, appiccicose come carta moschicida, ingurgitare litri di birra ghiacciata non e' un sollievo da poco. Fai il pieno nei bar sulla spiaggia, poi t'infratti nei bagni piu' isolati per sfuggire al casino, alle luci sguaiate e per provare, con quel po' d'ebbrezza e d'alcol in corpo, a sentirti in pace con te stessa prim'ancora che con gli altri. Ma anche per illuderti, complice il buio, che tutto sia rimasto uguale a vent'anni fa.

Mentre te ne stai su un lettino a fissare il cupolone celeste, con un desiderio preconfezionato stretto tra i denti, la vescica t'implora di svuotarla. Allora, in virtu' d'un residuo di decenza, t'inerpichi a chiappe serrate sulle dune di sabbia, cesso pubblico e anticamera della pineta. T'inoltri tra gli arbusti, i piedi martoriati da sterpi e schegge di arselle, le braccia striate dai rovi, le mutandine calate che non ne usciranno indenni e la brezza che ti muore sui glutei. Osservi il rivolo di urina che scava un cunicolo sotto le gambe. Se sei stata previdente tiri fuori un fazzolettino dalla tasca, altrimenti oscilli su e giu' per scrollare le ultime gocce e senti che non e' così che doveva andare. Non come i cani, non come una femmina. Accovacciata, costretta a terra. Ma in piedi, spavalda, lo sguardo fiero rivolto alla confusione nera tra mare e cielo, il vento contro e una pioggia calda sulla faccia. In mano un idrante di carne e in corpo la liberta' di espellere veleno dalle viscere, tossine dai tessuti, ammoniaca dal sangue.

Pisciare, scrivere. Lo stesso sfogo appagante, la soddisfazione di un bisogno impellente. L'espulsione catartica, l'eruzione che riscalda. L'orgoglio di far spiccare il volo a particelle di se, di lasciarle andare per il mondo. Poi, dopo l'impatto col muro del vento, ritrovarsele sparpagliate sul viso, dalla fronte al mento. Accoglierne il tanfo stomachevole, il sapore rancido, l'alone giallastro. Riceverle come colpi inferti che tornano indietro, senza sorprendere, ferendo appena e temprando. Getto dopo getto, arrivare alla conclusione che forse, da piccoli, due sberle in meno non avrebbero fatto male.
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