steviecooder: Sioux Il bondage qui non è violenza, ma estetica. Un gioco di ruoli che celebra la teatralità del corpo. Il setting vintage e la posa studiata suggeriscono che l’immagine non è voyeurismo, ma invito: Chi guarda, partecipa.
Sioux: steviecooder conosco il bondage , shibari in particolare..,solo non vedo lacci o segni di bondage in questo disegno. Eppure ho guardato bene 🤷🏼♀️
steviecooder: Sioux hai ragione, Sioux : in questa immagine non ci sono lacci, corde, né segni espliciti di bondage o shibari. Eppure, qualcosa vibra nell’aria.............
Corsetto, guanti, calze alte: evocano un’estetica fetish, ma non implicano costrizione. Sono ornamenti di potere, non strumenti di legatura.
Postura composta, sguardo assente: più da ritratto aristocratico che da scena erotica.
Assenza di corde o vincoli: lo shibari è assente, almeno nella sua forma materiale. Ma allora perché mi sembra "bondage"? (anche se non l'ho mai praticato)
Perché l’immagine gioca con codici visivi e culturali che il mio cervello associa al bondage:
Il corsetto stringe, ma non lega.
La posa è composta, ma non sottomessa.
L’ambiente è teatrale, ma non rituale.
È come se l’artista avesse evocato il bondage senza praticarlo, lasciando che fosse lo spettatore a proiettare corde invisibili. Un gioco mentale, più che fisico. "Il bondage è dove lo vedi, non dove lo tocchi." Questa immagine non mostra il bondage, ma lo suggerisce. È un invito a cercare il legame non nei lacci, ma nello sguardo, nella tensione, nella cornice. Un po’ come fai tu, Sioux, quando trasformi un errore in rituale: non serve la corda, basta il contesto.
steviecooder: Sioux Hai centrato un punto fondamentale: l’immagine artistica non è mai univoca, ma si apre come un rito interpretativo. Non mostra corde, non mostra bondage, eppure chi guarda può "vedere" legami invisibili, tensioni sottili, atmosfere che rimandano a mondi diversi. Arte come specchio Un quadro non è solo ciò che rappresenta, ma ciò che evoca. L’abito vittoriano può essere letto come costume storico, come fetish, o come simbolo di potere. La postura composta può sembrare aristocratica, teatrale, o persino rituale. L’assenza di corde diventa presenza mentale: lo spettatore le immagina, le proietta, le sente. Licenza di visione Ogni osservatore porta con sé il proprio bagaglio culturale e sensibile. Chi conosce lo shibari può intravedere nodi invisibili. Chi ama la moda vede un gioco di tessuti e silhouette. Chi cerca il simbolo legge la scena come un rito di potere e sottomissione. La "licenza di visione" è proprio questo: l’opera non impone, ma invita. Il quadro come rito Guardare diventa partecipare. Non c’è un messaggio unico, ma una molteplicità di interpretazioni. L’artista offre un palcoscenico, lo spettatore recita la propria parte.
l’immagine è arte aperta, che vive non nei dettagli materiali (corde, lacci, oggetti), ma nella fantasia di chi guarda. È proprio questa libertà che la rende potente: ogni sguardo la trasforma, ogni interpretazione la rinnova. E io adoro i confronti intelligenti come questo , i confronti sono l’anima dell’arte, l’arte vive di tensione, di dialogo, di opposizione e di armonia. Senza confronto, non c’è movimento; senza movimento, non c’è vita. 🙏 Tank
steviecooder: Sioux Immagina una scena: due statue si fronteggiano, non per distruggersi ma per riconoscersi. Il pubblico assiste, e nel loro scontro di sguardi si accende la bellezza. L’arte è palcoscenico di contrasti: luce e ombra, eros e pudore, tragedia e commedia. È lì che lo spettatore diventa parte della rappresentazione.
Il confronto è rito antico: come il banchetto dove si discute, come la piazza dove si canta, come lo stadio dove si sfida. Ogni volta che due visioni si incontrano, nasce una comunità che partecipa.
L’arte diventa allora non possesso, ma celebrazione collettiva.
MarcheseAdalberto: Sioux steviecooder sti caxxi , però io lo vedo il bondage , ha il collare e le cavigliere e una cinghia che scende sulle spalle e cinghie sulle cosce .
Il bondage qui non è violenza, ma estetica. Un gioco di ruoli che celebra la teatralità del corpo. Il setting vintage e la posa studiata suggeriscono che l’immagine non è voyeurismo, ma invito: Chi guarda, partecipa.
hai ragione, Sioux : in questa immagine non ci sono lacci, corde, né segni espliciti di bondage o shibari. Eppure, qualcosa vibra nell’aria.............
Corsetto, guanti, calze alte: evocano un’estetica fetish, ma non implicano costrizione. Sono ornamenti di potere, non strumenti di legatura.
Postura composta, sguardo assente: più da ritratto aristocratico che da scena erotica.
Assenza di corde o vincoli: lo shibari è assente, almeno nella sua forma materiale.
Ma allora perché mi sembra "bondage"? (anche se non l'ho mai praticato)
Perché l’immagine gioca con codici visivi e culturali che il mio cervello associa al bondage:
Il corsetto stringe, ma non lega.
La posa è composta, ma non sottomessa.
L’ambiente è teatrale, ma non rituale.
È come se l’artista avesse evocato il bondage senza praticarlo, lasciando che fosse lo spettatore a proiettare corde invisibili.
Un gioco mentale, più che fisico.
"Il bondage è dove lo vedi, non dove lo tocchi."
Questa immagine non mostra il bondage, ma lo suggerisce.
È un invito a cercare il legame non nei lacci, ma nello sguardo, nella tensione, nella cornice.
Un po’ come fai tu, Sioux, quando trasformi un errore in rituale: non serve la corda, basta il contesto.
Hai centrato un punto fondamentale: l’immagine artistica non è mai univoca, ma si apre come un rito interpretativo.
Non mostra corde, non mostra bondage, eppure chi guarda può "vedere" legami invisibili, tensioni sottili, atmosfere che rimandano a mondi diversi.
Arte come specchio
Un quadro non è solo ciò che rappresenta, ma ciò che evoca.
L’abito vittoriano può essere letto come costume storico, come fetish, o come simbolo di potere.
La postura composta può sembrare aristocratica, teatrale, o persino rituale.
L’assenza di corde diventa presenza mentale: lo spettatore le immagina, le proietta, le sente.
Licenza di visione
Ogni osservatore porta con sé il proprio bagaglio culturale e sensibile.
Chi conosce lo shibari può intravedere nodi invisibili.
Chi ama la moda vede un gioco di tessuti e silhouette.
Chi cerca il simbolo legge la scena come un rito di potere e sottomissione.
La "licenza di visione" è proprio questo: l’opera non impone, ma invita.
Il quadro come rito
Guardare diventa partecipare.
Non c’è un messaggio unico, ma una molteplicità di interpretazioni.
L’artista offre un palcoscenico, lo spettatore recita la propria parte.
l’immagine è arte aperta, che vive non nei dettagli materiali (corde, lacci, oggetti), ma nella fantasia di chi guarda.
È proprio questa libertà che la rende potente: ogni sguardo la trasforma, ogni interpretazione la rinnova.
E io adoro i confronti intelligenti come questo , i confronti sono l’anima dell’arte, l’arte vive di tensione, di dialogo, di opposizione e di armonia. Senza confronto, non c’è movimento; senza movimento, non c’è vita.
🙏 Tank
Immagina una scena: due statue si fronteggiano, non per distruggersi ma per riconoscersi.
Il pubblico assiste, e nel loro scontro di sguardi si accende la bellezza.
L’arte è palcoscenico di contrasti: luce e ombra, eros e pudore, tragedia e commedia.
È lì che lo spettatore diventa parte della rappresentazione.
Il confronto è rito antico: come il banchetto dove si discute, come la piazza dove si canta, come lo stadio dove si sfida.
Ogni volta che due visioni si incontrano, nasce una comunità che partecipa.
L’arte diventa allora non possesso, ma celebrazione collettiva.
Ti auguro una felice serata
sti caxxi , però io lo vedo il bondage , ha il collare e le cavigliere e una cinghia che scende sulle spalle e cinghie sulle cosce .