nanovolante: steviecooder visto che mi ricorda una vecchia storia, spero si ripeta, peccato che l'Inter non vincerà 2 scudetti consecutivi e non potranno revocarli 😁😁😁, battute a parte, sono totalmente ridicoli...
steviecooder: nanovolante Non importa , ho già detto la mia sul tema , non vinceremo nulla non importa , ma piace le direzione presa , c'è coraggio in questo cambiamento è un buon inizio per il resto non vorrei ripetermi ma allarghiamo la visione : Il calcio italiano non è semplicemente in difficoltà: è malato, e la malattia è più grave di quanto i vertici vogliano far credere. Non bastano gli sfottoi da bar o le polemiche di facciata: qui siamo davanti a un sistema che da anni si regge su vecchi pseudopensanti, allenatori senza coraggio, dirigenti senza pudore e società che preferiscono galleggiare piuttosto che innovare.
Due esclusioni consecutive dai Mondiali dovrebbero essere state un trauma nazionale, un punto di non ritorno. E invece nulla: milioni bruciati per giocatori mediocri, progetti tecnici inconsistenti, e una classe dirigente che continua a occupare poltrone come se nulla fosse. È un teatrino che difende se stesso, non il futuro del calcio.
Il sistema è marcio e va rifondato dalle fondamenta. Non servono rattoppi, non servono slogan: serve una rivoluzione culturale e strutturale. Bisogna archiviare definitivamente i vecchi modelli, smantellare le rendite di posizione, e aprire spazio a chi ha visione, coraggio e competenza.
L’ultima uscita di Lotito è solo l’ennesima prova di un potere che da anni ostacola l’ammodernamento del calcio italiano. Ma Lotito non è solo: con lui ci sono altri dirigenti che navigano a vista, incapaci di pensare oltre il proprio tornaconto immediato. È una classe dirigente che ha trasformato il calcio in un feudo personale, dimenticando che dovrebbe essere patrimonio collettivo.
Se vogliamo tornare competitivi, dobbiamo ripartire da basi nuove:
Formazione e meritocrazia: allenatori e dirigenti scelti per competenza, non per appartenenza.
Investimenti seri nei vivai: basta con il riciclo di stranieri mediocri, occorre dare spazio ai giovani italiani.
Trasparenza e responsabilità: chi sbaglia paga, chi fallisce si fa da parte.
Visione internazionale: il calcio non è più provinciale, è un’industria globale. L’Italia deve smettere di inseguire e tornare a guidare.
Solo così il calcio italiano potrà uscire dal pantano e tornare ad essere quello che era: un laboratorio di talento, passione e bellezza. E noi tornare a sfotterci con grande vivacità .
sono totalmente ridicoli...
Il calcio italiano non è semplicemente in difficoltà: è malato, e la malattia è più grave di quanto i vertici vogliano far credere. Non bastano gli sfottoi da bar o le polemiche di facciata: qui siamo davanti a un sistema che da anni si regge su vecchi pseudopensanti, allenatori senza coraggio, dirigenti senza pudore e società che preferiscono galleggiare piuttosto che innovare.
Due esclusioni consecutive dai Mondiali dovrebbero essere state un trauma nazionale, un punto di non ritorno. E invece nulla: milioni bruciati per giocatori mediocri, progetti tecnici inconsistenti, e una classe dirigente che continua a occupare poltrone come se nulla fosse. È un teatrino che difende se stesso, non il futuro del calcio.
Il sistema è marcio e va rifondato dalle fondamenta. Non servono rattoppi, non servono slogan: serve una rivoluzione culturale e strutturale. Bisogna archiviare definitivamente i vecchi modelli, smantellare le rendite di posizione, e aprire spazio a chi ha visione, coraggio e competenza.
L’ultima uscita di Lotito è solo l’ennesima prova di un potere che da anni ostacola l’ammodernamento del calcio italiano. Ma Lotito non è solo: con lui ci sono altri dirigenti che navigano a vista, incapaci di pensare oltre il proprio tornaconto immediato. È una classe dirigente che ha trasformato il calcio in un feudo personale, dimenticando che dovrebbe essere patrimonio collettivo.
Se vogliamo tornare competitivi, dobbiamo ripartire da basi nuove:
Formazione e meritocrazia: allenatori e dirigenti scelti per competenza, non per appartenenza.
Investimenti seri nei vivai: basta con il riciclo di stranieri mediocri, occorre dare spazio ai giovani italiani.
Trasparenza e responsabilità: chi sbaglia paga, chi fallisce si fa da parte.
Visione internazionale: il calcio non è più provinciale, è un’industria globale. L’Italia deve smettere di inseguire e tornare a guidare.
Solo così il calcio italiano potrà uscire dal pantano e tornare ad essere quello che era: un laboratorio di talento, passione e bellezza.
E noi tornare a sfotterci con grande vivacità .