Chiacchiera
27 Ottobre - 2.718 visualizzazioni
Quest'uomo qui si chiamava Enrico Mattei.
È stato uno dei grandi italiani del Novecento. Forse troppo grande.
Partigiano, comandante della Resistenza cattolica, politico, imprenditore illuminato.
Ma prima di tutto: un visionario.
Uno che letteralmente si è fatto dal niente, lui, nato povero nel 1906 da una modesta famiglia marchigiana, a vent'anni è già dirigente di una piccola azienda e a trenta imprenditore nel settore chimico.
Durante la guerra entra nella Resistenza e diventa uno dei capi del CLN. Viene pure arrestato dal fascismo ed evade dal carcere in modo rocambolesco un mese dopo. Organizza uomini, armi, viveri, costruisce reti di contatti tra preti, operai, contadini e industriali.
Finirà per essere uno dei sette esponenti del CLN alla testa della manifestazione, il giorno della Liberazione di Milano.
Finita la guerra, nel 1945 il governo gli affida il compito di liquidare l'Agip, considerata un carrozzone inservibile, un relitto del fascismo.
Lui disobbedisce. Capisce che l'Italia, se vuole rinascere, ha bisogno di energia, non di svendersi.
Così salva l'Agip, la rilancia, e nel 1953 fonda l'Eni, che diventerà il motore dello sviluppo economico italiano.
Non lo fa dietro una scrivania. Sale a bordo del suo aereo e vola direttamente a trattare coi Paesi produttori, rompendo il monopolio delle Sette Sorelle. Tratta tutti alla pari, offrendo ad arabi e iraniani il 50% dei profitti, violando le regole del cartello.
Fa dell'Eni un motore economico e insieme uno strumento di politica estera.
Collabora con l'Unione Sovietica, dialoga con i Paesi arabi, parla di dignità e indipendenza in un tempo (mai finito) in cui l'Italia è sotto l'influenza soffocante degli americani.
Rovescia la piramide nei rapporti tra Nord e Sud del mondo, e lo stesso fa anche nei rapporti tra “padrone” e dipendente, restituisce dignità ai lavoratori, realizza luoghi di lavoro e di socialità a misura d'uomo.
A molti quell'imprenditore ribelle che ha cambiato le regole del mercato, del lavoro, della politica e della comunicazione non piace.
Perciò già allora, e ancora oggi, sono in pochi a credere che sia stato solo un tragico incidente quello del 27 ottobre 1962, quando il suo aereo precipita nelle campagne di Bascapè poco prima di atterrare all'aeroporto di Linate.
Anni di indagini, inchieste, rivelazioni, sospetti - e pure silenzi, omertà e depistaggi - non riusciranno a far piena e definitiva luce su uno dei grandi misteri italiani.
Aveva 56 anni. Oggi sono esattamente 63 anni da quel giorno. E chissà come sarebbe cambiata la storia italiana senza quello schianto.
Enrico Mattei è stato un patriota vero al cospetto di tanti sedicenti patrioti.
Un italiano indimenticabile. E, per questo, in un Paese senza memoria né gratitudine, dimenticato.
È stato uno dei grandi italiani del Novecento. Forse troppo grande.
Partigiano, comandante della Resistenza cattolica, politico, imprenditore illuminato.
Ma prima di tutto: un visionario.
Uno che letteralmente si è fatto dal niente, lui, nato povero nel 1906 da una modesta famiglia marchigiana, a vent'anni è già dirigente di una piccola azienda e a trenta imprenditore nel settore chimico.
Durante la guerra entra nella Resistenza e diventa uno dei capi del CLN. Viene pure arrestato dal fascismo ed evade dal carcere in modo rocambolesco un mese dopo. Organizza uomini, armi, viveri, costruisce reti di contatti tra preti, operai, contadini e industriali.
Finirà per essere uno dei sette esponenti del CLN alla testa della manifestazione, il giorno della Liberazione di Milano.
Finita la guerra, nel 1945 il governo gli affida il compito di liquidare l'Agip, considerata un carrozzone inservibile, un relitto del fascismo.
Lui disobbedisce. Capisce che l'Italia, se vuole rinascere, ha bisogno di energia, non di svendersi.
Così salva l'Agip, la rilancia, e nel 1953 fonda l'Eni, che diventerà il motore dello sviluppo economico italiano.
Non lo fa dietro una scrivania. Sale a bordo del suo aereo e vola direttamente a trattare coi Paesi produttori, rompendo il monopolio delle Sette Sorelle. Tratta tutti alla pari, offrendo ad arabi e iraniani il 50% dei profitti, violando le regole del cartello.
Fa dell'Eni un motore economico e insieme uno strumento di politica estera.
Collabora con l'Unione Sovietica, dialoga con i Paesi arabi, parla di dignità e indipendenza in un tempo (mai finito) in cui l'Italia è sotto l'influenza soffocante degli americani.
Rovescia la piramide nei rapporti tra Nord e Sud del mondo, e lo stesso fa anche nei rapporti tra “padrone” e dipendente, restituisce dignità ai lavoratori, realizza luoghi di lavoro e di socialità a misura d'uomo.
A molti quell'imprenditore ribelle che ha cambiato le regole del mercato, del lavoro, della politica e della comunicazione non piace.
Perciò già allora, e ancora oggi, sono in pochi a credere che sia stato solo un tragico incidente quello del 27 ottobre 1962, quando il suo aereo precipita nelle campagne di Bascapè poco prima di atterrare all'aeroporto di Linate.
Anni di indagini, inchieste, rivelazioni, sospetti - e pure silenzi, omertà e depistaggi - non riusciranno a far piena e definitiva luce su uno dei grandi misteri italiani.
Aveva 56 anni. Oggi sono esattamente 63 anni da quel giorno. E chissà come sarebbe cambiata la storia italiana senza quello schianto.
Enrico Mattei è stato un patriota vero al cospetto di tanti sedicenti patrioti.
Un italiano indimenticabile. E, per questo, in un Paese senza memoria né gratitudine, dimenticato.
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Uomini così nascono ogni cento anni... 🙇🏼♂️
Di questi uomini avremmo bisogno, invece dobbiamo accontentarci di Salvini 🤦🏻♂️