Chiacchiera
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Ombromantolivello 9
ieri alle ore 21:34 - 2.059 visualizzazioni
Sudafrica.
È accaduto qualcosa di straordinario, nel silenzio della natura. Due branchi di elefanti selvaggi hanno abbandonato il loro territorio e hanno camminato per oltre 12 ore attraverso la giungla. Non si trattava di un vagabondare senza meta: avevano una destinazione precisa. La casa di Lawrence Anthony, l'uomo che era appena morto.

Come potevano saperlo? Nessun messaggero, nessun telefono nella giungla. Lo sapevano e basta.

Lawrence Anthony, conosciuto come “l'uomo che sussurrava agli elefanti”, aveva dedicato la sua vita a proteggerli. Li aveva accolti, rispettati, amati. Aveva parlato con loro con pazienza, offrendo rifugio nei momenti più difficili. E gli elefanti, grati, hanno percorso quella lunga strada fino alla sua casa nello Zululand.

La meraviglia non fu solo il viaggio, ma ciò che accadde dopo. Rimasero lì, in silenzio, per giorni interi. Come se vegliassero sul loro amico. Come se lo stessero salutando un'ultima volta.

Gli elefanti comprendono la malattia, la morte, il lutto. Piangono, ringraziano, ricordano. Lo fanno con una dignità che ci lascia senza parole. Forse sentono ciò che noi non riusciamo a percepire. Forse vedono un mondo invisibile ai nostri occhi.

Nel suo libro “L'uomo che sussurrava agli elefanti”, Anthony racconta come sia riuscito a connettersi con un branco difficile, imparando la loro lingua, la loro essenza. Attraverso quelle pagine, comprendiamo una verità profonda: non solo gli uomini soffrono e sperano durante le guerre e le perdite. Anche gli animali conoscono dolore, amore e memoria.

È tempo di svegliarci e guardarli davvero negli occhi. Dentro di loro c'è una saggezza antica, luminosa, che chiede solo di essere riconosciuta.

Quando un elefante cammina per onorare il ricordo di un uomo, il mondo intero dovrebbe fermarsi. E ascoltare.
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Vaccata