Pari Opportunità
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steviecooderlivello 9
12 Settembre - 4.015 visualizzazioni
Lucia Regna ha il volto ricostruito con 21 placche di titanio. Ha un nervo oculare lesionato. Ha subito sette minuti di violenza brutale da parte dell'ex marito. Eppure, secondo il Tribunale di Torino, non c'è carcere. Non c'è condanna esemplare. C'è solo comprensione per l'aggressore.

Il giudice Paolo Gallo ha motivato la sua decisione con parole che fanno tremare: “Va compreso, lei sfaldò un matrimonio ventennale.” Come se la fine di una relazione potesse giustificare un pestaggio. Come se il dolore emotivo potesse legittimare la distruzione fisica di un corpo.

Questa sentenza non è un caso isolato. È l'ennesimo tassello di una giustizia che troppo spesso si mostra indulgente verso chi esercita violenza, e sospettosa verso chi la subisce. È la stessa logica che ha portato a riduzioni di pena per “tempeste emotive”, assoluzioni per “aspetto poco femminile”, e giustificazioni che parlano di “raptus” invece che di dominio.

Ma non è solo questione di diritto. È questione di cultura. Di una narrazione che continua a vedere le donne come provocatrici, come destabilizzatrici, come colpevoli di aver detto “basta”. È una giustizia che non riconosce il femminicidio come atto politico, come espressione di potere, ma lo riduce a dramma privato, a errore
umano.

Lucia Regna non è solo una vittima. È un simbolo. Di tutte quelle donne che hanno avuto il coraggio di uscire da relazioni tossiche, e che si sono ritrovate non solo aggredite, ma anche giudicate. Di tutte quelle che hanno visto il loro dolore minimizzato, la loro voce ignorata, la loro dignità calpestata.

La giustizia dovrebbe essere il luogo della riparazione. Non della complicità. Non dell'alibi. Non della normalizzazione della violenza.

E allora, oggi, non possiamo restare in silenzio. Dobbiamo denunciare, scrivere, mobilitarci. Perché ogni sentenza come questa è un messaggio alla società: che la violenza può essere compresa, se ben contestualizzata. E noi, questo messaggio, lo rifiutiamo.
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Quando la giustizia si volta dall'altra parte