Chiacchiera
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carlettonelivello 14
7 Giugno - 3.001 visualizzazioni
PERCHE' LA RUSSIA FA DAVVERO PAURA
Ci ostiniamo a pensare che la vera minaccia della Russia sia il suo arsenale nucleare.
Ma è un errore di prospettiva.
La vera forza della Russia – quella che sta logorando l'Ucraina, paralizzando l'Europa e confondendo l'Occidente – è un'altra: la sua capacità di assorbire perdite disumane senza collassare.
La Russia è una dittatura. E in una dittatura la vita umana ha un valore relativo, se non nullo.
Un milione tra morti e feriti gravi. Città bombardate, frontiere violate, economia sotto sanzione permanente.
Eppure il regime resta in piedi. Non vacilla. Non arretra.
Perché?
Perché non deve rendere conto a nessuno.
Non a un Parlamento. Non a un'opinione pubblica libera. Non a famiglie che protestano per i figli spediti al macello.
La soppressione del dissenso, la censura totale, l'arresto degli oppositori e la militarizzazione del dolore sono gli strumenti con cui il regime assorbe perdite che – in qualunque democrazia – farebbero crollare i governi.
È qui che nasce l'asimmetria pericolosa: l'Occidente – che deve fare i conti con il consenso, con il dibattito, con la libertà – non può combattere sullo stesso piano.
Ogni soldato morto è un titolo sui giornali. Ogni missile lanciato è soggetto a discussione parlamentare. Ogni decisione è un atto pubblico.
Questo non è debolezza. È civiltà.
Ma in tempi di guerra, questo aspetto della democrazia rallenta e divide.
E quando si ha di fronte un nemico che non si fa fermare dalla propria opinione pubblica – perché l'ha annientata – sei enormemente svantaggiato.
E c'è una ulteriore considerazione da fare.
Ora che l'ombrello americano si sta chiudendo, l'Europa parla (finalmente) di riarmo.
Ma la verità è che non basta spendere di più in carri armati e droni.
Non si costruisce una difesa autonoma se non si costruisce anche una cultura della responsabilità, della resilienza e – se serve – del sacrificio.
Piaccia o no, gli Stati Uniti sono un Paese abituato a fare la guerra.
Dal Vietnam all'Iraq, dall'Afghanistan alla Siria, hanno formato un'opinione pubblica che – tra patriottismo, cultura militare diffusa e narrazione del sacrificio – accetta perdite umane in nome di un obiettivo geopolitico.
Non senza polemiche, certo. Ma con una soglia di tolleranza molto alta.
Funerali di Stato, bandiere a mezz'asta, medaglie. Ma il sistema non si blocca. Non crolla.
Il rischio, enorme, quasi concreto, è avere eserciti pronti ma popoli impreparati.
Ed in queste condizioni viene meno anche la deterrenza.
Perché se il nemico da fronteggiare è consapevole che un solo soldato morto farà crollare tutto il sistema, non esiterà un secondo ad attaccare.
Chi oggi invoca il riarmo europeo deve avere il coraggio di dire questo, chiaramente: la pace non è gratis. La libertà non si difende con i comunicati.
E non esiste deterrenza reale se ogni vita persa è vista come uno scandalo, non come un sacrificio necessario.
Questo non vuol dire diventare come la Russia.
Non vuol dire disprezzare la vita umana, né sacrificare la democrazia per efficienza militare.
Ma vuol dire prendere atto che, se vogliamo restare liberi, dobbiamo essere pronti a difendere questa libertà anche quando costa.
E soprattutto, dobbiamo aprire gli occhi sulla natura della minaccia.
La Russia è una minaccia concreta, vicina, determinata.
E ha dalla sua un vantaggio etico-morale forse incolmabile:
il fatto di essere disposta a tutto, mentre noi – per come siamo oggi – non siamo più disposti a niente.
È questo che rende la Russia pericolosa.
Non la sua forza. Ma la nostra debolezza di fronte alla sua assenza di scrupoli.
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Vaccata