Assurdo
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12 Aprile - 4.141 visualizzazioni
Un treno turistico svanito nel nulla nel 1911. Da Roma alla leggenda, passando per gallerie, nebbie e apparizioni fuori dal tempo.

Era il 14 luglio 1911, una giornata di sole e celebrazione, quando la società ferroviaria italiana La Zanetti inaugurò un nuovo e prestigioso treno turistico sulla linea Roma-Milano. Un evento mondano, simbolo di un'epoca di progresso e ottimismo, a cui parteciparono 106 passeggeri, scelti tra l'alta borghesia dell'epoca e i familiari del personale ferroviario. A bordo, un'atmosfera festosa: champagne, violini e paesaggi incantevoli che sfilavano lentamente fuori dai finestrini, mentre il convoglio viaggiava a velocità ridotta per consentire agli ospiti di godere appieno dell'esperienza.

Nessuno poteva immaginare che quel viaggio inaugurale si sarebbe trasformato nella più affascinante e inquietante leggenda metropolitana della storia ferroviaria europea. Giunti all'altezza di un tunnel situato tra l'Emilia e la Lombardia – una galleria considerata all'epoca un prodigio dell'ingegneria moderna – il treno entrò nella montagna… e scomparve.

Secondo i racconti, una fitta nebbia bianca avvolse l'imboccatura del tunnel, inghiottendo uno dopo l'altro i vagoni, il personale di bordo, i passeggeri e ogni traccia del convoglio. Nessun rottame
, nessun segnale, nessun suono: il treno era svanito nel nulla.

Solo due persone si salvarono, gettandosi fuori dal treno pochi istanti prima dell'ingresso nella galleria, spinti – dissero – da una sensazione opprimente, quasi soprannaturale. Uno di loro, intervistato da un quotidiano dell'epoca, parlò confusamente di un ronzio metallico e di un'improvvisa inquietudine. Dopo il salto, il nulla. Nessuna spiegazione, solo silenzio.

La Zanetti, colta nel panico per le possibili ripercussioni economiche e legali, avrebbe – secondo voci non confermate – tentato di insabbiare l'accaduto. Le ricerche, svolte congiuntamente da operai e forze dell'ordine, non portarono ad alcun risultato. Le autorità decisero infine di chiudere il tunnel, che nel 1915 fu definitivamente distrutto da un bombardamento durante la Prima Guerra Mondiale.

Eppure, la storia del “treno fantasma” non finisce con il crollo della galleria. Da allora, segnalazioni misteriose hanno cominciato ad affiorare in ogni angolo del mondo. A Mosca, a Chernobyl poco prima del disastro del 1986, a Sebastopoli, nei Balcani, in Norvegia: apparizioni di un vecchio treno italiano, talvolta fluttuante, silenzioso, con vagoni anneriti e passeggeri immobili, vestiti in abiti d'epoca.

Ancor più sorprendente, alcuni documenti storici retrodatano la presenza del treno a epoche precedenti alla sua scomparsa. Nei registri medievali di un monastero di Modena si fa menzione di una “macchina a fumo” con tre carrozze e “gente rasata vestita di nero”. E nel 1840, in un manicomio di Città del Messico, uno psichiatra documenta l'arrivo inspiegabile di 104 italiani “in abiti stravaganti” che affermavano di star viaggiando su un treno. Il caso fu archiviato come isteria collettiva. Nessun documento riporta dove siano finiti.

L'apparizione più celebre è quella del 29 ottobre 1955, a Zavalichi, in Ucraina, quando un ferroviere dichiarò di aver visto un treno silenzioso, chiaramente anteriore alla Seconda Guerra Mondiale, attraversare la stazione senza mai fermarsi. “Sembrava fluttuare”, disse.

Leggenda, allucinazione collettiva, esperimento andato storto, o una crepa nel tempo? Il caso Zanetti è diventato simbolo del binomio treno e tunnel come varco verso l'ignoto. Un'immagine potente: un convoglio che non trasporta corpi, ma memorie, sospese in una dimensione che sfugge alla comprensione umana.

Il mistero del treno scomparso resta irrisolto. Ma è proprio in questo suo essere irrisolto che trova forza e fascino. Se mai i 104 dovessero tornare, portando con sé il racconto dell'Altrove, il mondo dovrebbe interrogarsi non solo su dove siano stati, ma su cosa realmente separa la realtà dal mito.

Forse, da qualche parte tra le rotaie del tempo, il treno Zanetti sta ancora viaggiando. E forse, un giorno, si fermerà di nuovo.
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Vaccata