Chiacchiera
1 Aprile - 2.815 visualizzazioni
Un intero popolo in marcia composto da guerrieri con mogli, figli, armenti e carriaggi il 2 aprile del 568, giorno di Pasqua, attraversรฒ il Passo del Predil, nelle Alpi Giulie, penetrando in Italia da est.
Gli uomini erano perlopiรน biondi, villosi e gagliardi. Portavano lunghe barbe e capelli spioventi sulla fronte, sebbene avessero la nuca rasata. Indossavano vesti di lino grezzo, si proteggevano dal freddo con pellicce e calzavano stivaloni di cuoio. Di notte si riposavano in capanne erette per l'occasione, alla bell'e meglio, dentro le quali dormivano ammassati su pelli di capra insieme ai loro familiari.
Si trattava degli “Uomini dalle lunghe Barbe” (i “Longobardi&rdquo๐ che, guidati dal loro re Alboino, si erano lasciati alle spalle le ancor gelide pianure della Pannonia (attuale Ungheria) per dirigersi verso quello che giร allora era considerato il “Bel Paese” per ricchezza, bellezze naturali e mitezza del clima.
Come tutti i barbari non sapevano cosa fosse il commercio, ignoravano l'uso della moneta e della scrittura e, come unico patrimonio culturale, possedevano le loro “Saghe”, le leggende cioรจ che si tramandavano oralmente di padre in figlio per narrare le imprese dei loro mitici eroi.
Era un popolo nomade che contava in tutto 100.000 – 150.000 individui, di cui lo storico Paolo Diacono nella sua “Historia gentium Langobardorum” ci narra le origini mitologiche, facendole risalire sino ad Odino.
Nativi della Scania, regione situata nella parte meridionale della Svezia, gli allora “Winnili” avevano intrapreso fra il II ed il I secolo a.C. la migrazione verso sud, stabilendosi prima nell'isola di Rügen e poi fra le sponde meridionali del Baltico e il fiume Elba.
Proprio in Germania sarebbero entrati in contatto coi Cherusci, unendosi a loro in una lega anti-romana che, sotto la guida di Arminio, avrebbe inferto nel 9 d.C. nel folto della foresta di Teutoburgo una delle peggiori sconfitte militari mai subite dalle legioni imperiali romane, tanto che Tacito li citรฒ nel suo “De Origine situ Germanorum”.
Soltanto fra il IV ed il V secolo si diedero una struttura assimilabile a quella di uno Stato, dopo aver acclamato come re Agilmondo.
Alla ricerca di terre sempre piรน fertili e climi meno rigidi, seguendo il corso del Danubio arrivarono in Pannonia all'inizio del VI secolo, destando la preoccupazione dell'imperatore bizantino Giustiniano I, che non vedeva di buon'occhio la presenza di un popolo tanto bellicoso ai confini delle sue terre.
Sfruttando le armi dell'inganno e della corruzione gli fece dunque muovere contro i Gepidi, che perรฒ Alboino, nuovo re longobardo, riuscรฌ a sconfiggere uccidendone in battaglia il capo, Cunimondo, del cranio del quale si sarebbe poi servito a mo' di coppa per bere del vino e farne bere anche alla moglie Rosmunda, che di Cunimondo era figlia.
Per vendetta quest'ultima lo avrebbe fatto ammazzare nel 572 da un sicario in una storia “noir” da cui Vittorio Alfieri nel 1780 avrebbe tratto ispirazione per scrivere la tragedia omonima, “Rosmunda”.
La traversata dell'Isonzo nell'aprile del 568 fu il passo decisivo col quale i Longobardi si assicurarono il dominio del nord Italia e poi di grande parte della nostra penisola, a quei tempi sottoposta al dominio bizantino, col vicerรฉ Longino asserragliato a Ravenna che perรฒ si guardรฒ bene dall'intervenire.
A ben vedere, davanti all'avanzata delle macchine da guerra costituite dalle “fare” (dal tedesco “fahren”, che significa “andare&rdquo๐, che erano poi “tribรน in marcia” all'interno delle quali gli invasori si erano organizzati sotto la guida di impavidi duchi, era praticamente impossibile opporre resistenza.
Ogni singola “fara” infatti, dopo averlo conquistato con le armi in pugno, diventava stanziale su un certo territorio, occupando cittร giร esistenti quali Cividale del Friuli, Aquileia, Treviso, Verona e Bergamo, oppure fondandone di nuove. In effetti, quante localitร si chiamano con nomi inizianti per “Fara” o “Gualdo” nel nostro Paese?
Cosรฌ, nell'arco di piรน o meno due secoli, i Longobardi arrivarono a controllare i due terzi circa della nostra penisola, facendo perรฒ attenzione, almeno fino all'inizio dell'VIII secolo, a mantenere integra la loro identitร etnica basata su lingua, usi, abiti, acconciature, religione (l'arianesimo) e leggi che sarebbero state raccolte in forma scritta per la prima volta nel 643, nel silenzio del monastero di Bobbio, per ordine di re Rotari.
Ogni contaminazione con la “Romanitas” era non soltanto evitata, ma anche severamente punita, persino con la morte in caso di matrimoni misti.
Soltanto a partire dall'VIII secolo, sotto il regno di Liutprando, con la conversione al cattolicesimo, l'adozione del latino volgare come lingua parlata e la soppressione del divieto dei matrimoni misti, le due etnie coi relativi retaggi culturali avrebbero iniziato a fondersi, mantenendo perรฒ una divisione fra un nord sempre piรน germanizzato e un sud prevalentemente ancorato al mondo latino.
Il Regno settentrionale, con capitale Pavia, perse via via influenza sulle sue propaggini meridionali, costituite dai Principati di Spoleto, Benevento, Capua e Salerno destinati a sopravvivere al primo per circa tre secoli, fino cioรจ alla calata in Italia dei Normanni nell'XI secolo, mentre giร nel 774 Carlo Magno, chiamato in Italia dal Papa, avrebbe sconfitto a Pavia re Desiderio.
Quel popolo tanto fiero ha lasciato, specie nell'attuale “Langobardia”, una traccia non indifferente del suo passaggio, entrata col tempo a far parte della nostra identitร nazionale in forma di tracce linguistiche, toponomastica, arte, civiltร ed apparati giuridici che sarebbero sopravvissuti quasi immutati fino all'Etร Moderna.
Accompagna questo scritto l'immagine di una “Spatha” con impugnatura aurea di manifattura longobarda, fine VI – inizio VII sec.
Museo Archeologico di Nocera Umbra.
(Testo di Anselmo Pagani. Riproduzione consentita se indicante il nome dell'autore)
Gli uomini erano perlopiรน biondi, villosi e gagliardi. Portavano lunghe barbe e capelli spioventi sulla fronte, sebbene avessero la nuca rasata. Indossavano vesti di lino grezzo, si proteggevano dal freddo con pellicce e calzavano stivaloni di cuoio. Di notte si riposavano in capanne erette per l'occasione, alla bell'e meglio, dentro le quali dormivano ammassati su pelli di capra insieme ai loro familiari.
Si trattava degli “Uomini dalle lunghe Barbe” (i “Longobardi&rdquo๐ che, guidati dal loro re Alboino, si erano lasciati alle spalle le ancor gelide pianure della Pannonia (attuale Ungheria) per dirigersi verso quello che giร allora era considerato il “Bel Paese” per ricchezza, bellezze naturali e mitezza del clima.
Come tutti i barbari non sapevano cosa fosse il commercio, ignoravano l'uso della moneta e della scrittura e, come unico patrimonio culturale, possedevano le loro “Saghe”, le leggende cioรจ che si tramandavano oralmente di padre in figlio per narrare le imprese dei loro mitici eroi.
Era un popolo nomade che contava in tutto 100.000 – 150.000 individui, di cui lo storico Paolo Diacono nella sua “Historia gentium Langobardorum” ci narra le origini mitologiche, facendole risalire sino ad Odino.
Nativi della Scania, regione situata nella parte meridionale della Svezia, gli allora “Winnili” avevano intrapreso fra il II ed il I secolo a.C. la migrazione verso sud, stabilendosi prima nell'isola di Rügen e poi fra le sponde meridionali del Baltico e il fiume Elba.
Proprio in Germania sarebbero entrati in contatto coi Cherusci, unendosi a loro in una lega anti-romana che, sotto la guida di Arminio, avrebbe inferto nel 9 d.C. nel folto della foresta di Teutoburgo una delle peggiori sconfitte militari mai subite dalle legioni imperiali romane, tanto che Tacito li citรฒ nel suo “De Origine situ Germanorum”.
Soltanto fra il IV ed il V secolo si diedero una struttura assimilabile a quella di uno Stato, dopo aver acclamato come re Agilmondo.
Alla ricerca di terre sempre piรน fertili e climi meno rigidi, seguendo il corso del Danubio arrivarono in Pannonia all'inizio del VI secolo, destando la preoccupazione dell'imperatore bizantino Giustiniano I, che non vedeva di buon'occhio la presenza di un popolo tanto bellicoso ai confini delle sue terre.
Sfruttando le armi dell'inganno e della corruzione gli fece dunque muovere contro i Gepidi, che perรฒ Alboino, nuovo re longobardo, riuscรฌ a sconfiggere uccidendone in battaglia il capo, Cunimondo, del cranio del quale si sarebbe poi servito a mo' di coppa per bere del vino e farne bere anche alla moglie Rosmunda, che di Cunimondo era figlia.
Per vendetta quest'ultima lo avrebbe fatto ammazzare nel 572 da un sicario in una storia “noir” da cui Vittorio Alfieri nel 1780 avrebbe tratto ispirazione per scrivere la tragedia omonima, “Rosmunda”.
La traversata dell'Isonzo nell'aprile del 568 fu il passo decisivo col quale i Longobardi si assicurarono il dominio del nord Italia e poi di grande parte della nostra penisola, a quei tempi sottoposta al dominio bizantino, col vicerรฉ Longino asserragliato a Ravenna che perรฒ si guardรฒ bene dall'intervenire.
A ben vedere, davanti all'avanzata delle macchine da guerra costituite dalle “fare” (dal tedesco “fahren”, che significa “andare&rdquo๐, che erano poi “tribรน in marcia” all'interno delle quali gli invasori si erano organizzati sotto la guida di impavidi duchi, era praticamente impossibile opporre resistenza.
Ogni singola “fara” infatti, dopo averlo conquistato con le armi in pugno, diventava stanziale su un certo territorio, occupando cittร giร esistenti quali Cividale del Friuli, Aquileia, Treviso, Verona e Bergamo, oppure fondandone di nuove. In effetti, quante localitร si chiamano con nomi inizianti per “Fara” o “Gualdo” nel nostro Paese?
Cosรฌ, nell'arco di piรน o meno due secoli, i Longobardi arrivarono a controllare i due terzi circa della nostra penisola, facendo perรฒ attenzione, almeno fino all'inizio dell'VIII secolo, a mantenere integra la loro identitร etnica basata su lingua, usi, abiti, acconciature, religione (l'arianesimo) e leggi che sarebbero state raccolte in forma scritta per la prima volta nel 643, nel silenzio del monastero di Bobbio, per ordine di re Rotari.
Ogni contaminazione con la “Romanitas” era non soltanto evitata, ma anche severamente punita, persino con la morte in caso di matrimoni misti.
Soltanto a partire dall'VIII secolo, sotto il regno di Liutprando, con la conversione al cattolicesimo, l'adozione del latino volgare come lingua parlata e la soppressione del divieto dei matrimoni misti, le due etnie coi relativi retaggi culturali avrebbero iniziato a fondersi, mantenendo perรฒ una divisione fra un nord sempre piรน germanizzato e un sud prevalentemente ancorato al mondo latino.
Il Regno settentrionale, con capitale Pavia, perse via via influenza sulle sue propaggini meridionali, costituite dai Principati di Spoleto, Benevento, Capua e Salerno destinati a sopravvivere al primo per circa tre secoli, fino cioรจ alla calata in Italia dei Normanni nell'XI secolo, mentre giร nel 774 Carlo Magno, chiamato in Italia dal Papa, avrebbe sconfitto a Pavia re Desiderio.
Quel popolo tanto fiero ha lasciato, specie nell'attuale “Langobardia”, una traccia non indifferente del suo passaggio, entrata col tempo a far parte della nostra identitร nazionale in forma di tracce linguistiche, toponomastica, arte, civiltร ed apparati giuridici che sarebbero sopravvissuti quasi immutati fino all'Etร Moderna.
Accompagna questo scritto l'immagine di una “Spatha” con impugnatura aurea di manifattura longobarda, fine VI – inizio VII sec.
Museo Archeologico di Nocera Umbra.
(Testo di Anselmo Pagani. Riproduzione consentita se indicante il nome dell'autore)
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5calzinipuzzolenti:
1

1 Aprile alle ore 15:42 ยท Ti stimo ยท Rispondi

5calzinipuzzolenti:
1

1 Aprile alle ore 15:46 ยท Ti stimo ยท Rispondi

5calzinipuzzolenti:
2

1 Aprile alle ore 15:46 ยท Ti stimo ยท Rispondi

Lalady: Manco senatorecappelli unito a nicktuttipresi sono arrivati a tanto
2
1 Aprile alle ore 15:53 ยท Ti stimo ยท Rispondi

Pastafariano: 5calzinipuzzolenti Manca solo il furgone Fiat Ducato ๐
1
1 Aprile alle ore 17:11 ยท Ti stimo ยท Rispondi

BaytaDarell: Grazie!๐
2
1 Aprile alle ore 17:33 ยท Ti stimo ยท Rispondi